(Ugo Nomi Venerosi Pesciolini, Le glorie della terra di San Gimingnano)
Montagutolo di San Gimignano
Montauto, al tempo Montagutolo, era un gruppo di case – uno dei tanti sui colli che circondano la città, nati intorno a un castello quasi sempre di origine feudale e ad una chiesa, racchiusi dentro un perimetro murario e dominanti la campagna.
Ma Montagutolo ebbe qualcosa in più rispetto ad altri nuclei coevi: da qui si dominava infatti non solo la campagna ma anche la strada.
Allo sviluppo di questo castello certamente contribuì, e non poco, la sua posizione su uno dei tanti percorsi della via di comunicazione più famosa e più frequentata del Medioevo.
Incrociavano questa strada medievale, qua e là, antichi tracciati etruschi e romani e Montagutolo fu particolarmente favorita da questa circostanza.
Questa rete viaria garantiva dunque alla Valdelsa e in modo più specifico ad alcuni borghi – e tra questi Montagutolo – occasioni di scambio e di conoscenza tanto che, grazie ai benefici derivanti da questa posizione e ai profitti che ne scaturivano per tutte le zone interessate, fu più facilmente recepita dagli abitanti, la spinta a liberarsi dai vincoli feudali.
Da alcuni documenti si rileva che, intorno alle fine del XIII secolo, il Comune poneva molta attenzione sul buon mantenimento di questi luoghi, al quale dovevano contribuire gli abitanti e i proprietari delle terre adiacenti. In questo modo Montauto rimase sempre una zona ben popolata, grazie anche alle condizioni favorevoli del clima e la fertilità del suolo.
Dopo varie ricerche, si è scoperto che nel corso dei secoli il borgo ha avuto, non solo molteplici possidenti di vario rango ed estrazione, ma anche una mutata utilizzazione dei poderi e degli appezzamenti. Tutti i proprietari hanno terre lavorative, vignate, sode, macchie, boschi ed animali, affidati a mezzadri e coloni.
In tutte le proprietà, grandi o piccole che fossero, si notano però i primi tentativi, nel settore vinicolo, di riservare alle vigne una piccola parte dei terreni coltivabili. Se è vero infatti che non mancavano nemmeno nel XIII secolo e nei due successivi terre vignate, soprattutto sui pendii ben esposti delle colline circostanti, è tuttavia in epoca più tarda che la coltura della vite si fa più estesa e più intensiva tanto da dare ai proprietari terrieri del periodo la giusta fama di viticultori provetti.
Il terreno di Montauto appariva particolarmente idoneo alla produzione della vernaccia e del vino.
I motivi di questa aumentata e qualificata produzione di vino, oltre che nella natura del suolo, vanno forse ricercati anche nella più solerte attenzione che i mercanti arricchiti riuscirono a dedicare ai loro possessi agrari. Nella storia di Montauto, i pionieri della produzione della vernaccia sono gli Useppi, i quali fin dal 1538 risultano i proprietari, nella stessa villa, di una vigna detta proprio “della vernaccia”. Attraverso la documentazione fornita da una serie di contratti di compra-vendita e da testamenti, sappiamo che i beni di Montauto appartenenti agli Useppi si ritrovano come tali fino al 1810.
La chiesa di San Lorenzo fu fondata dal nobile Subbio nell’anno 992.
Originariamente l’accesso era dalla parte opposta rispetto a dove lo vediamo oggi, per consentire un più facile accesso ai numerosi abitanti dei poderi circostanti.
Ancora oggi però possiamo vedere il portale d’ingresso, murato con architrave in pietra sormontato da un arco a mattoni ed un occhio tamponato. Il campanile fu costruito nel 1916 in pietra e mattoni e su di esso furono collocate due campane fuse dal poggibonsese Francesco Bagnoli nel 1865 decorate con fregi e con quattro figure di Santi.
All’interno della Chiesa si conserva un grande quadro rappresentante “La Vergine del Rosario” con i Santi Lorenzo, Agnese e Domenico, risalente all’anno 1647 e commissionato dal parroco dell’epoca, Giovanni Bambi, iscritto alla Confraternita del Rosario, ad un artista di cui non è noto il nome, per devozione alla Madonna. Agli inizi del ‘400 La Chiesa di San Lorenzo disponeva di un patrimonio che la poneva al primo posto tra tutte le chiese del contado, superata chiaramente dagli Ospedali di Santa Fina di gran lunga i più ricchi di tutti.
Negli anni, la parrocchia di Montauto sembrava godere di condizioni sostanzialmente accettabili finché nel 1810 non ne prese possesso il Canonico Ignazio Malenotti e rivelò che i possedimenti non erano sfruttati al massimo e nel migliore dei modi.
Nel 1810 arrivò a Montauto il Canonico Ignazio Malenotti, esperto di agronomia e socio presso la prestigiosa accademia dei Georgofili di Firenze. Malenotti fu importante per Montauto poiché partecipava intensamente alla vita quotidiana dei contadini, preoccupandosi non solo delle loro anime ma anche delle loro menti al fine di combattere l’ignoranza e creare le condizioni per sopravvivere in un modo accettabile. Questo fu il motivo della sua fama in un momento difficile della storia del contado.
Per la sua preparazione culturale, storica e religiosa, egli fu uno dei parroci più illuminati del suo tempo. La sua passione per la terra e per il lavoro dei campi, la sua attenzione alle condizioni sociali dei contadini e il desiderio di migliorarne la qualità della vita, ne fecero un sacerdote ben oltre i tempi in cui visse.
“Io – scrive il Malenotti nel 1818 – vivo sepolto, direi, costantemente, nella campagna e amo con un ardore inesprimibile occuparmi in un’arte lodata dai savi, ma disgraziatamente vituperata e calpestata dal ceto ecclesiastico”.
Trascinato dalla sua passione e dall’attenzione costante alla terra, il Malenotti osservava gli altri proprietari e ne seguiva con interesse l’attività non appena coglieva in loro qualche velleità innovativa,così come molti sangimignanesi seguivano con interesse l’opera di rinnovamento dallo stesso dallo stesso Malenotti iniziata.
Il Canonico riuscì, nel suo piccolo, a conciliare il suo ideale con la pratica attuazione. Scrive infatti nel suo “Vignaiuolo” che egli deve molto all’aiuto e all’appoggio dei suoi contadini Piero Bianchi e Angiolo Papanti, che riuscirono con lui a piantare e a curare nel suo podere a Montauto tante viti da ricavarne uva bellissima e idonea a farne buon vino.
L’Azienda Agraria “Castello di Montauto” opera nei vigneti intorno al borgo omonimo dagli anni ’80, proseguendo un’attività vitivinicola che si tramanda da molte generazioni nel corso dei secoli.
La consueta attenzione per l’impatto ambientale e la volontà di ottenere il meglio dal territorio a disposizione, porta l’azienda a piantare circa 48 ettari di vigna su 82 di proprietà.
Dal 2021 l’azienda agraria decide di ampliare le proprie risorse diventando Agriturismo e mettendo a disposizione cinque appartamenti e una villa per dare la possibilità a chiunque di godere della splendida vista sulla campagna sangimignanese e di soggiornare in un borgo così ricco di storia e di pregio.
Anno dopo anno, la proprietà si impegna con costanza a rendere la struttura sempre più a misura dei suoi ospiti, aumentando la gamma di servizi e favorendo soggiorni di qualità, nel rispetto del territorio e con la collaborazione della comunità locale.
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